Journal d’un novice, ou/ovvero Diario di un novizio
Libero adattamento da un anonimo francese del Cinquecento, con testo originale a fronte, La Quercia edizioni, Genova, 1996, 363 p.
Chi sarà mai, mi domando da più di quarant’anni, l’autore di questo breve, incompiuto e quasi illeggibile manoscritto (un testo in condizioni così pessime di conservazione da renderne molto problematica l’interpretazione), che faticosamente ho in parte ricostituito, il quale, pretendendo di mantenere l’incognito, riferisce su una sua fuggevole e, a mio parere, molto improbabile esperienza monacale, complicata dall’intromissione di due storie d’amore, il tutto immerso, alla fine, nel tragico pantano dello storico massacro degli ugonotti parigini del 24 agosto 1572? Perché si astiene dal rivelare i nomi dei personaggi che, a vario titolo, entrano nella sua vicenda personale e i luoghi precisi nei quali la vicenda stessa si svolge? Perché tanta riservatezza? Chi doveva coprire? Inoltre, per quale motivo il manoscritto è stato trasferito da Parigi, dove, presumibilmente, è stato scritto, ad Aix-en-Provence, dove l’ho ritrovato per puro caso? Da chi? In quale epoca? Infine, a chi serviva, per quale scopo serviva? Per essere pubblicato? Lo escluderei.
Per restare nascosto in perpetuo su qualche scaffale di biblioteca? Misera fine. Per far stillare il cervello al ricercatore che, dopo qualche secolo, ha la “ventura” di ritrovarlo e non sa fornire spiegazioni plausibili? Inoltre: è un testo autentico? Se non è autentico è falso, certo. Ma, in fondo, perché dovrebbe essere un falso? Quali elementi posseggo per dimostrarlo? I fatti raccontati? Il ritmo della frase? Il vocabolario? Qualche incongruenza linguistica? Del resto, chi mai poteva prendersi la briga di comporre quei fogli (25 foglietti, per la precisione) in una lingua chiaramente del XVI secolo? E ancora: per quale fine? Economico? Certamente no, perché il manoscritto non ha nessun valore monetario. Per il piacere che lo scrittore-falsario provava nello scrivere in una lingua che non gli apparteneva? Per prendersi gioco del futuro lettore? Per che altro?
Consapevole, infine, che l’edizione d’un testo francese del Cinquecento può interessare soltanto una ristretta cerchia di lettori specialisti, ma che difficilmente può essere recepita, per ovvie ragioni, da un lettore italiano non specialista, ho pensato di accompagnare la presente edizione con un adattamento in lingua italiana, che meglio definirei un vero e proprio rifacimento personale, con l’intento appunto, di ricostruire, sulla trama del testo originale, un racconto che abbia un suo sviluppo e una sua logica narrativa. Il che significa, più semplicemente, interpretare riflessioni appena accennate, penetrare in sensazioni che restano spesso appena abbozzate, movimentare situazioni comiche o drammatiche che costituiscono il filo conduttore del racconto, ricostruire alcuni dialoghi che meritano d’essere recuperati e arricchiti.
Insomma, mi sono concesso un duplice piacere: da un lato, quello di presentare pur con tutte le limitazioni (e i dubbi) che ho detto, un manoscritto inedito, dall’altro, d’interpretare a modo mio, e con linguaggio moderno, un testo antico.